Già dalle prime righe di questo romanzo si intuisce la maestria con la quale l’autore riesce a rapire il lettore per portarlo con sé nel suo mondo, nella sua vita, nelle stanze della sua memoria, nei suoi ricordi, e ci riesce alla grande.
Baumgartner è uno scrittore solitario che da quando è rimasto vedovo, a causa di un tragico incidente che gli ha portato via l’amore della sua vita, vive di reminiscenze e i suoi pensieri diventano la quotidianità che lo accompagna attraverso la presenza costante della moglie Anna, anch’essa una scrittrice, che avverte attraverso i suoi oggetti e i suoi scritti.
Baumgartner paragona la perdita della moglie a un arto tagliato e la parte amputata, pur non essendoci più, può essere ancora dolorante.
All’età di 70 anni pensa di aver imparato ormai a convivere con l’assenza di Anna ma si scontra con le proprie idee quando realizza che è solo e che si sta avvicinando al termine della sua vita e a questo punto cerca di realizzare tutti i sogni rimasti in sospeso quali quello di terminare e pubblicare il libro che sta scrivendo, cercare di rifarsi una vita con una vecchia amica di sua moglie costruendo una relazione, soltanto perché vuole fare riposare in pace la moglie dopo aver sognato che lei stessa glielo chiedesse, ma la stessa si rileva poi essere un fallimento. Infine ristruttura una parte della sua abitazione per ospitare una ragazza che sta scrivendo la tesi di laurea inerente alle poesie che aveva pubblicato sua moglie quando era in vita e che l’avevano resa famosa.
Una serie di vicissitudini lo accompagnano, la memoria a volte lo tradisce ma lui rievoca i ricordi e trae bellezza da essi anche nei momenti più tristi.